Autore: enricopopolo

I procrastinatori seriali e le personalità accidentali.

“Non ce la faccio! Forse sbaglio qualcosa o non valgo abbastanza”
“Rassegnati: la persona che conoscevi prima non c’è più!”
“Oggi no… lo farò domani!”

 

Scriveva il poeta inglese Alexander Pope:“Beato chi non si aspetta nulla dagli altri, perché non resterà mai deluso”. Una grande verità. Che siano indirizzate verso di noi o verso gli altri, le mancate aspettative possono condizionare la nostra vita quotidiana ingenerando delusione, insicurezza e frustrazione. Ma è soprattutto l’aspettativa disattesa verso noi stessi, figlia dei buoni propositi falliti, a creare danni. Il primo e più importante è la demotivazione e l’abbassamento della quota di stima personale, qualicredenze sospinte dal subdolo pensiero di non essere in grado di conseguire risultati o di raggiungere obiettivi. Questo pensiero negativo è all’origine di rovinose reazioni emotive che ognuno esprime in modo differente. Cedendo all’abbattimento e alla frustrazione,alcuni si arrendono o si fermano completamente. Altri, per dimostrare a sé stessi di valere,reagiscono con iperattività, ma lo fanno ignorando le vere priorità, quelle indispensabili a realizzare i progetti che con mille giustificazioni procrastinano nei giorni a venire. Ma le reazioni non finiscono qui. Non di rado capita che moltisi paragonino a modelli di successo o a figurea loro vicine, magari più efficaci e produttive, e dal confronto ne escono sconfitti.Lo schema che s’innesca è simile a una spirale negativache, in assenza di una soluzione,li trascina sempre più in basso trasformandosi in una consolidata convinzione: io non valgo abbastanza.
È facile intuire che questo scenario di sommersa sofferenza è altamente condizionante per chi lo vive e ha la capacità d’intaccare negativamente anche la sfera relazionale. Questo perché un atteggiamento di promesse non mantenute o mantenute in ritardo, sebbene infarcito di giustificazioni più o meno plausibili, oltre a danneggiare sé stessiingenera nel prossimo delusione, biasimo, critiche e dolorose chiusure.L’altrui riprovazione, nettamente percepita dal soggetto, diventa a sua volta un’ulteriore conferma che si aggiunge alle precedenti, trasformandoil dubbio in certezza: ‘ormai ne sono certo… io valgo poco’.
Qui lo schema demotivante raggiunge il proprio scopo, alimentandosi e rafforzandosi fino a diventare una costante abituale del comportamento. Infatti la considerazione autosvalutante, diventata ormai convinzione, allungherà i tempi dell’agire fino a condure quei soggettialle soglie della passività. Proverbiale il motto ricorrente che li individua, quasi un mantra: “Oggi non posso…lo farò domani!”
La procrastinazione dell’agire è un limite personale non facile da superare, perché lo schema comportamentale che lo sottintende è per lo più occulto. Le persone che ne soffrono, infatti, non se ne accorgono e se glielo fai notare, negano.
Certo, non stiamo parlando di una malattia grave di cui preoccuparsi, ma questo disagio, sebbene non riguardi la salute, è comunque fortemente invalidante. Le aspettative disattese, sia proprie sia altrui, e la manifesta incapacità di ‘star dietro a tutto’ nei tempi previsti, conduce a contestazione e ribellionedell’individuo verso coloro che pretendono risultati, ma in alcuni casi limite sfociano perfino in sindromi depressive. Questo disagio si manifesta per esempio nel rapporto con il denaro, quando si è chiamati a far fronte alle bollette o a un pagamento imprevisto e si ritarda fino a superare il limite di scadenza; nella professione, quando si deve consegnare un lavoro e con mille scuse si fanno altre cose inutili per poi non onorare l’impegno; nella quotidianità, quando la vita ti pone davanti un evento inatteso e lo ignori finché ti passa di mente. Infine avviene nei propositi personali, quando ti poni un obiettivo che credevi meno complesso e lo aggiri per non affrontarlo; ma accade anche nelle relazioni affettive, quando qualcosa dentro di noi è cambiato o non ci va più e quindi mentiamo, inganniamo e diventiamo sfuggenti, perché non sappiamo come affrontare le situazioni con chiarezza.
Mille e poi mille sono le sfaccettature della procrastinazione, che purtroppo ha come vittima principale coloro che la pongono in essere, perché minanol’altrui credibilità e fiducia che si sono guadagnati con anni di comprovata rettitudine.
Siamo in presenza della stessa persona di prima, che però, a torto o a ragione, ha subito un cambiamento che lo ha trasformato in qualcuno che facciamo fatica a riconoscere. Perciò cosa dovremmo fare? Gettare alle ortiche anni di devota rettitudine, dimenticare il bene ricevuto e per qualche cedimento dell’integrità cadere nel giudizio negativo e nelle critiche?
Si potremmo. Ma sarebbe un comportamento superficiale e soprattutto profondamente ingiusto. Come possiamo risolvere quindi?
Il filo di ariannaper uscire da quel labirinto emozionale e comportamentale e meglio comprendere, ci viene offerto dal “modello delle parti” della PNL (Programmazione Neuro – Linguistica) e dagli insegnamenti di un maestro e filosofo armeno: George Ivanovic Gurdjieff.
Come due affluenti di un unico specchio d’acqua, seppur con visioni differenti, entrambi i modelli confluiscono in un pensiero comune che contiene gran parte delle risposte che cerchiamo. La PNL, quale neuroscienza del comportamento, ci suggerisce di vedere noi stessi non come un tutto unico ma come individui formati da varie parti che hanno obiettivi tra loro diversi e a volte in aperta contraddizione. Dall’interazione fra queste nostre parti interne che si pongono obiettivi diversi fra loro, nascono i conflitti.
Gurdjieff, invece, afferma che l’uomo non è formato da un solo ‘Io’ ma da centinaia e migliaia di piccoli ‘io’ separati che il più delle volte si ignorano, non hanno alcuna relazione o al contrario,essendo incompatibili, sono ostili gli uni agli altri. Secondo il filosofo, l’alternarsi di questi ‘io’ e le loro lotte manifeste di ogni istante per la supremazia, sono alla base dei nostri successi e delle nostre sconfitte. Ad ogni attimo e in ogni momentochi agisce è un ‘Io’ differente. Questo avviene perché l’uomo non è un individuo singolo, ma una pluralità di parti. Il nome dell’uomo è legione.
Pur partendo da pensieri e culture profondamentediverse, entrambe le dottrine esprimono il medesimo concetto: un problema, qualunque esso sia, non può essere attribuito all’uomo nella sua interezza, ma solo a una parte che ne soffre.
Quindi, tornando al disagio prima descritto, secondo i principi della PNLnon è possibile attribuire il repentino cambiamento e l’inerzia dell’azione alla totalità dell’individuo, ma solo a una sua parte.Il soggetto quindi nella sua interezza è sano, può essere perfino proattivo e potenzialmente vincente, solo una sua parte non lo è. Questa però, soffrendo e ribellandosi, ha la forza di richiamare l’attenzione su di sé di tutto l’insieme trascinandolo nelle profondità della sua insofferenza.
In questo caso la PNL ha in serbo validissime tecniche per estrarre la parte in difficoltà, ristrutturarla, risanarla e quindi riunirla all’insieme affinchè la persona ritrovi il proprio equilibrio.
Diverso invece è l’approccio del maestroGurdjieff, che giustifica pienamente il cambiamento, affermando che si tratta di un ‘io’ ribelle in conflitto con i numerosi analoghi che compongono la sua personalità. Questa parte non è sorta all’improvviso, era già esistente nel fittissimo sottobosco dei suoi simili, solo che era sovrastata e messa a tacere perché ritenuta controproducente al benessere dell’individuo. Questo ‘Io’ ribelle è definito accidentale o temporaneo, quindi destinato a non durare nel tempo, ma comunque possiede la forza di portare notevole scompiglio nel momento presente. Perché emerge? Un ‘io’ accidentale può a un certo momento fare una promessa, non a soltanto sé stesso ma anche a qualcun altro, semplicemente per vanità o per divertimento. Es: “Da adesso in poi basta!”; “Non meriti e quindi mai più!”; oppure: “Rassegnati: la persona che conoscevi prima non c’è più!”. Esso esplode, raggiunge lo scopo e poi scompare. Il problema è che la totalità dell’individuo, ossia l’insieme degli altri ‘io’ che sono assolutamente innocenti e conformi alla personalità di sempre, dovrà forse pagare tutta la vita le conseguenze di questo puntiglio. È la tragedia dell’essere umano, cioè che qualunque piccolo ‘io’ abbia il potere di firmare assegni e cambiali e che sia in seguito l’uomo, ossia la suddetta totalità, che debba farvi fronte. A tal proposito affermava Gurdjieff: vite intere trascorrono così, per regolare dei debiti contratti da piccoli ‘io’ accidentali.

Questa personalità accidentale e facile da riconoscere, perchènon si manifesta solo nell’inerzia nell’agire o nella tendenza a rimandare ‘a domani’ ogni proposito, ma anche nei repentini cambiamenti di personalità, carattere o comportamento nei diversi ambiti della vita: personali, professionali o affettivi.
Facciamo l’esempio di una persona legata sentimentalmente che per anni, per amore, sceglie di precludersi una parte di piacere mondano perché appagata di ciò che ha.L’irreprensibile comportamento tenuto negli anni è letto come virtù e come tale apprezzato dal partner. Poi qualcosa o più cose succedono, e questa persona improvvisamente cambia. Inizia a vivere la vita che prima riteneva di essersi preclusa, comportandosi all’opposto quasi in modo frenetico, come se dovesse recuperare il tempo perduto. Oltre a ciò ascolta i consigli di sibilanti suggeritori che rafforzano quell’impulso, eleggendoli a saggi consiglieri. Portate questo esempio nella vostra vita e vedrete che quasi tutti, in un ruolo o nell’altro, abbiamo vissuto un’esperienza simile. Ovviamente un tale repentino cambiamento crea sconcerto e scompiglio, ma se lo interpretiamo con il modello Gurdjieff acquista un senso compiuto.
Quella nuova persona, anche apparentemente così diversa, era già presente nella totalità dell’individuo. Questo perché non siamo innanzi a un vero cambiamento, ma alla scelta improvvisata di un ‘io’ accidentale, ribelle e scapestrato,che per ragioni proprie decide di emergere e prevalere sulla personalità precedente.

Vorrei ricordare che nell’uomo, ognuno dei suoi desideri e pensieri si manifestano e vivono in un modo completamente indipendente e separato dalla sua Totalità. Quindi accusare una persona di essere cambiata non è corretto. Corretto è invece dire che un suo desiderio – quello di vivere mondanità e divertimento, per ricondurmi all’esempio di prima – alimentato da un ‘io’accidentale e quindi provvisorio, ha lottato per emergere e prendere il sopravvento. E quella personalità difenderà a spada tratta questa posizione faticosamente guadagnata, perseverando ostinatamente sulla propria sceltaanche calpestando i valori precedenti senza rimorso.Solo quando la spinta terminerà e avrà raggiunto il proprio scopo, essa tornerà nell’anonimato da cui proviene.

Per riassumere: quando una parte di noi, opposta o lontana dalla precedente prende il sopravvento trasformandoci, le parole servono a poco. Quel nuovo impulso nasce sempre da una reazione a stimoli esterni che hanno destabilizzato l’equilibrio preesistente. Quella forza, sospinta da forti emozioni e volontà, non ama essere contrastata. Qualunque atto rivolto a riportare l’individuo alla ragione risulterà vano, sia perché la razionalità non accetta la follia e quest’ultima aborra la sua logica, sia perché la personalità accidentale vuole sempre avere ragione, non ama essere contraddetta e non vuole cedere prezioso terreno.
L’unico possibile ‘mortale’ pericolo, è che l’individuo, sedotto dalla leggerezza delle fatue luci della vita, scelga con volontà di permanere nell’inganno accidentale rinunciando per sempre alle verità dei suoi autentici bisogni e alle persone a esse legate. Oltre tale eventualità sappiamo che questa spinta emozionale finirà, anche se non si sa quando.
Nel frattempo, coloro che amano veramente o che nutrono autentica stima per queste persone, sono chiamati alla pazienza o all’azione se ne hanno gli strumenti. Quindi accetteranno con rassegnazione il mantra: “Giuro che lo farò domani!”; sorvoleranno su inganni e bugie che nascondono a volte risentimento o rabbia; aspetteranno che la luce illumini le menti adombrate dalla confusione, e manterranno la loro amicizia, collaborazione o amore.
I saggi, invece, che sanno che l’essere umano è una macchina imperfetta, non cercheranno di opporsi a questa potente spinta, sebbene non la condividano. Osserveranno il fluire delle azioni e delle intenzioni ascoltando e leggendo ogni cosa, consapevoli che quando gli occhi resi ciechi dalla follia si riapriranno, le qualità indiscusse della persona torneranno a prevalere. Questo anche se nel frattempo la realtà dei sentimenti e delle emozioni sarà inesorabilmente cambiata.

Chiudo citando nuovamente gli insegnamenti del maestro Gurdjieff, il quale affermava che: in ognuno di noi esiste un ‘idiota’ che ci boicotta per il conseguimento della nostra felicità.
Il metodo egli che utilizzava per individuarlo si chiama ‘brindisi degli idioti’ ed era una tecnica per prevedeva l’ingestione di generose porzioni di vodka. Quando brindisi dopo brindisi i freni inibitori dei suoi allievi saltavano, ecco che “l’idiota” si manifestava e poteva essere allontanato. Un metodo tipicamente russo, forse empirico ma terribilmente efficace.

Ecco quindi che io, ricalcando le orme di quel maestro, nell’inneggiare orgogliosamente la perfetta imperfezione della natura umana, alzo simbolicamente il calice e brindo al mio e vostro ‘idiota’, con l’augurio che il suo incessante attentato alla felicità sia sempre riconosciuto, combattuto e vinto.

Il mago è tornato!

Il mago è tornato

(Se mai se ne è andato)

Oggi vi parlo di magia. No, tranquilli. Non entro nell’esoterismo rituale o nell’occultismo, ma nel principio di manipolazione che il termine, per sua natura, incarna. Per magia, infatti, s’intende quella tecnica che si prefigge d’influenzare o dominare gli eventi, i fenomeni fisici e l’essere umano con la volontà di colui che l’ha pensata. Il mago, appunto.
A tal proposito, l’esoterista e scrittore britannico Edward Alexander Crowley, uno dei maggiori esponenti dell’occultismo scomparso nella seconda metà del secolo scorso, affermava che “lo scopo generale della magia è influenzare il mondo dietro le apparenze, per poter trasformare le apparenze stesse”. Per mezzo della magia, pertanto, è possibile che le cose, così come gli eventi, cessino di essere ciò che sono per divenire ciò che noi desideriamo che siano. Un artificio quindi, che con l’inganno o la mistificazione proietta l’illusione di una realtà solo apparente, nascondendoci la verità.

 

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Tollero Ergo Sum

TOLLERO ERGO SUM

Riflessioni su un esercizio di umana convivenza.

Che cos’è la tolleranza? Da un punto di vista strettamente etimologico, la parola discende dal latino tolero, “sopporto”. Poiché si sopporta ciò che per motivi di forza maggiore non si può né evitare né modificare a proprio vantaggio, appare subito evidente che il significato del verbo latino indica un atteggiamento sostanzialmente passivo, necessitato. I benefici culturali, etici, politici e religiosi, che il “principio della tolleranza” ha procurato nel tempo moderno-contemporaneo, sono pressoché innumerevoli. Essa resta uno dei valori indispensabili nella società di oggi, tanto che a buon diritto è altrimenti definita ‘virtù sociale’, poiché riguarda il modo di comportarsi nella vita associata.

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